I pioppi da piccoli fan ginnastica artistica, di nascosto, di notte: è un segreto della loro vita alberistica. Quando nessuno li guarda, quando anche il fiume chiude i gorghi degli occhi, i pioppi si ritrovano in crocchi. Chi si china sui blocchi, chi solleva nastrini di foglie d’argento, chi racconta del nonno fattosi trampolo di un circo passato di qui, un giorno lontano, nebbioso, per caso, un po’ strano; tagliato da un vecchio vestito da strega e poi collocato a innalzare l’umano oltre sua naturale stregua.
“Ma, scusa, Celeste, te lo ricordi tu, zio Ivo diventato pennone senza bandiera?”
Mitologia alberale contro la banalità di chi in pallet si è lasciato trasformare. Anche i pioppi si sa cercano illustri natali per non essere dagli altri considerati banali.
E uno ribatte, chinato sul fondo, mentre finisce il suo salto mortale: “Vi parlerò ora di Lena, della sua bellezza andata a male.”
Tutti si fermano per ascoltare, in colonne diritte, composte, che boschi non sono perché niente è spontaneo ai piedi dei pioppi, nessuna fila per loro è casuale. Perciò di giorno li trovi così, perfetti, in ordine, composti come soldati nei blocchi; il sole li ha colti, ginnasti sorpresi ancora rapiti dai loro aedi.
Lena, pioppa bella, rimasta bloccata in verticale e a forza di aspettare piantata la testa a terra, perdute le foglie, tieni le gambe appese all’aria spettrale. Di tua bellezza resta un bianco scheletro, in verticale. Quanto è fugace, quanto è frale ciò che copre nostro ammanto mortale.
I corvi piantano unghie sui tuoi piedi secchi, slargan le penne dell’ali e segnano cose che vedono dall’alto come messaggeri ancestrali, come messi maledetti. E tu no, Lena, tu non li vedi, senti solletico, e graffio, e piantare in pianta di piede di pianta unghie d’animale. Trampolo sei di un mondo che cerca prede, di là dal tuo guardare.
Lena, la tua testa in terra non ha più capelli di radici da vantare, e prima o poi cederai, schiantando dalla tua verticale. Frantumerà lo scheletro in mille ossa ciò che ti regge come morto da pregare. Il sole, la pioggia, il vento smetteranno di sbiancare con immenso frastuono e livore i tuoi legni; li scaglieranno finalmente a terra, sopra tua testa, a fracassare. Fracassare di passi, d’insetti, di marcio, di terra a trasformare tua testa in terra, terra, terra.
Terra come di naufrago a salvare.
Annalisa Vandelli
Fotoreporter | Scrittrice